IL SAUVIGNON BLANC DI TENUTA MONTAUTO

Tenuta Montauto è la casa del Sauvignon. Lo è da sempre o, perlomeno, lo è da quando abbiamo memoria vitivinicola. Fu nonno Enos a innestare, circa 35 anni orsono, le prime barbatelle. Aveva capito- lui che all’epoca non poteva servirsi ne’ degli studi odierni ne’ di quel concetto che, oggi, chiamiamo zonazione – che quella terra rossa ricca di scheletro e quarzi e quell’aria di mare, quel vento imperituro, soprattutto, fossero fattori in grado di dare grandi vini: grandi vini bianchi, nella fattispecie; e così, grazie solo al suo intuito, il nonno mise a dimora quelle stesse viti da cui oggi noi ricaviamo il nostro Enos, appunto. Ma non solo. Perché il Sauvignon qui è talmente a suo agio che, oltre a quello da vecchie viti, quelle del nonno, appunto, a Tenuta Montauto l’abbiamo declinato anche in una versione da viti più giovani, al di là del torrente Gessaia, appunto, da cui mutua il nome. Più austero, cerebrale e strutturato il primo, più espressivo e gioviale il secondo, che si fa ben volere da tutti, sono entrambi vini vibranti e tesi, che cambiano e si beano del rapporto col tempo e, soprattutto, con l’ossigeno, con cui hanno un rapporto più che privilegiato.

ETNICI E VEGETARIANI

Il Sauvignon accompagna disinvoltamente molti dei piatti più difficili della cucina, italiana e non. È molto a suo agio con tutte le verdure, per esempio, coi gazpacho e con piatti a base di pesce crudo, meglio se speziati, aromatici come il ceviche. Nelle sue versioni più strutturate, poi, va anche molto bene coi formaggi, soprattutto con quelli affinati con le erbe di montagna, ma anche coi caprini o coi formaggi d’alpeggio. È ottimo in abbinamento a tutti i piatti della cucina vegetariana e vegana, ed è un valido compagno di quella etnica, specialmente se piccante, come insegnano alcuni esprimenti condotti coi piatti della cucina dello Sri Lanka.
Inoltre, per via dei suoi aromi inebrianti, è utilizzato con successo anche nella vinoterapia.

FOCUS

Origine e diffusione

Assieme allo Chardonnay, il Sauvignon Blanc – detto più semplicemente Sauvignon – è il vitigno a bacca bianca fra i più popolari e diffusi nel mondo. È stata una conquista repentina e, comunque, assai recente: risale al 2010, infatti, una classifica realizzata dall’Università di Adelaide, in Australia, che collocava il Sauvignon al nono posto tra i vitigni del mondo, mentre soli dieci anni prima, nel 2000, si trovava alla diciassettesima posizione segnando uno scarto di undici posizioni in dieci anni. Come si evince dalla provenienza di questa ricerca, il Sauvignon è coltivato in Australia, ma anche in Nuova Zelanda, California, Sud Africa e Cile, dove si è diffuso grazie a caratteristiche quali la grande adattabilità sia in termini climatici che di territorio. Il Sauvignon è un vitigno giramondo, ma è tuttavia anche molto esigente, e molto territoriale.

In Italia, i migliori Sauvignon sono prodotti in Friuli Venezia Giulia e in Alto Adige, dove nella quasi totalità dei casi viene affinato in acciaio. In Italia, il Sauvignon è arrivato grazie alla dominazione degli Asburgo-Lorena, nota dinastia europea creatasi con il matrimonio di Maria Teresa d’Asburgo e Francesco Stefano di Lorena, i quali introdussero la coltivazione di questa vite, di origini francesi, prima in Friuli e, poi, da lì, in Trentino Alto Adige. Oggi il Sauvignon è coltivato anche in Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, dove entra nella composizione di molti vini che godono della denominazione DOC.

Il suo successo proviene dalla sua intrinseca freschezza e da un’aromaticità che lo rende, anche ai neofiti, immediatamente riconoscibile. I migliori Sauvignon si riconoscono per l’eleganza al palato e, come detto, per gli aromi inconfondibili, e non è un caso che, proprio dal Sauvignon, provengano alcuni dei bianchi più conosciuti e ricercati, e soprattutto dalla Francia, donde esso trova la sua culla, soprattutto nel Bordolese e, in particolare, nella zona del Sauterne dove, assieme al Semillon e al Muscadelle, entra nella composizione dell’omonimo vino botitrizzato.

Sempre a Bordeaux, e sempre in compagnia del Semillon, lo si trova negli apprezzati Bordeaux bianchi come quelli di Pessac-Léognan e delle Graves, mentre diventa il vitigno principe delle appellazioni della Loira, quali Sacerre e la vicina Pouilly Fumé, la valle che, tra i castelli, e grazie a un terroir unico, restituisce vini secchi e taglienti, dagli intriganti aromi di polvere da sparo, lime e salvia.Ha vari sinonimi, i più conosciuti sono Blanc Fumé a Sancerre e, viceversa, Fumé Blanc in California. Per quanto riguarda le sue origini, nasce certamente nella Valle della Loira, dove comparve col nome di Fiers nel 1534; in Gironda, poi, si accoppiò con il Cabernet Franc dando vita a uno dei vitigni a bacca rossa più popolari al mondo: nacque il Cabernet Sauvignon, appunto.
Come si diceva in apertura di questo focus, il Sauvignon è sensibile alla botrytis cinerea, la muffa nobile che ha fatto la fortuna dei vini dolci e dorati di Sauternes e Barsac a Bordeaux.

Morfologia e vinificazione

Etimologicamente parlando, il suo nome deriva da sauvage, che significa selvatico per via della forma delle sue foglie che ricorda quelle delle viti selvatiche, appunto.
Si tratta di una varietà abbastanza forte, che trova terreno fertile in collina e in pianura e predilige climi freschi e temperati; la sua maturazione è precoce, e preferisce i suoli magri, che lo ripagano in espressività e personalità. Il grappolo si presenta piccolo, sferico e compatto. La buccia è spessa, talvolta punteggiata, mentre la polpa è dolce e aromatica. Durante la fase di produzione, gli acini vengono prima diraspati, poi vengono lasciati brevemente in macerazione e, successivamente, pressati con delicatezza; il mosto ottenuto viene dunque chiarificato mediante decantazione. La fermentazione, in genere, avviene in recipienti di acciaio inox oppure in botti di rovere, ma è soprattutto mediante fermentazione in acciaio che il Sauvignon mantiene vivacità e freschezza aromatica.

Genetica e aromatica

Ne esistono perlomeno due biotipi, il Sauvignon piccolo o giallo e il Sauvignon grosso o verde, meno diffuso, che corrisponde al Sauvignonasse, simile al Tocai Friulano. Si tratta di un vitigno semiaromatico che, nella versione secca, presenta il tipico colore giallo paglierino con riflessi verdi, e profumo di grande impatto aromatico, che cambia a seconda del livello di maturazione delle uve, che restituisce note di salvia, timo, foglia di pomodoro, asparago e peperone per ciò che concerne l’erbaceo, passando per i frutti verdi come l’uva spina ma anche il ribes nero, il lime, il pepe rosa, il pompelmo e il frutto della passione, ma è d’uopo segnala che, soprattutto negli anni Ottanta, i sommelier amavano segnalare un sentore non proprio nobile, ma che rende l’idea della peculiare sensazione di alcuni Sauvignon: quella della pipì di gatto, altrimenti detto bosso.
Secondo i botanici, le fragranze così penetranti tipiche di questo vitigno sono dovute all’alta concentrazione di metossipirazine, che sono composti organici aromatici influenzati dal clima, dalla luce solare e dai tempi di raccolta delle uve durante la vendemmia, la cui intensità diminuisce nei terreni più pesanti. Assieme a questi, Denis Dubourdieu, professore all’Università di Bordeaux, ha messo in luce l’importanza di altre molecole, i tioli, che si sviluppano dopo la fermentazione alcolica. I tioli presentano una gamma di profumi che spazia dalla salvia al pompelmo al frutto della passione, con note anche leggermente fumé.
Il sapore del Sauvignon, poi, è spiccatamente fresco e deciso, dotato di una buona spalla acida, pur restando mediamente morbido. Al gusto si percepiscono pesca bianca, mela Fuji e ortica. Il retrogusto può altresì ricordare il pompelmo rosa e il frutto della passione. Il Sauvignon solitamente si beve giovane, ad eccezione dei Sauvignon bordolesi e di quelli provenienti dalla Valle della Loira, ma come s’è detto anche alcuni Sauvignon italiani, non ultimo quello di Tenuta Montauto, hanno notevoli velleità in termini di invecchiamento.